A partire dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2016 il credito d’imposta in Ricerca & Sviluppo spetta anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti che hanno svolto tale attività in esecuzione di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati dell’Unione Europea o negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo. Quindi, tali risorse impiegate saranno inserite nel calcolo della media storica degli investimenti per quantificare il credito d’imposta. Una novità introdotta dalla legge di Bilancio del 2017.
A chiarire questo aspetto è stata l’Agenzia delle Entrate rispondendo all’interpello 58 del 2018 di un’azienda che aveva svolto attività di ricerca e sviluppo per conto di una società francese.
L’Agenzia delle Entrate ha inoltre precisato che nel calcolo del credito d’imposta è necessario considerare tutti i costi ammissibili che sono sostenuti nei periodi di riferimento. Conseguentemente vanno considerati anche i costi relativi alla ricerca commissionata da soggetti non residenti, indipendentemente dal fatto che l’impresa sostenga o meno costi di ricerca per commesse dall’estero nei periodi per cui intende fruire dell’agevolazione. Ricordiamo che la disciplina del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo è stata introdotta dal decreto Destinazione Italia.
Consiste nella possibilità di fruire di un credito d’imposta nell’ipotesi in cui venga sostenuta una spesa complessiva per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuata nell’annualità d’imposta in cui si intende fruire dell’agevolazione, con i seguenti criteri:
– pari ad almeno 30.000 euro su base annua;
– superiore alla media degli investimenti che sono stati realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti rispetto a quello in corso al 31 dicembre 2015.
La legge di Bilancio 2017, come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate rispondendo all’interpello, è intervenuta in materia stabilendo che tale credito spetta anche “anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996”.
Rispetto al passato, quindi, è stata introdotta la possibilità di accedere all’agevolazione anche nella circostanza in cui un’azienda svolga attività di ricerca di sviluppo per una società terza residente all’estero.
In poche parole, dal periodo d’imposta nel quale è entrata in vigore la modifica normativa, bisogna calcolare la media storica degli investimenti in ricerca e sviluppo tenendo conto di tutti i costi sostenuti per tale attività nel periodo di riferimento, anche quelli commissionati da soggetti non residenti a prescindere dal fatto che, in uno dei periodi per i quali si intende accedere all’agevolazione, l’impresa sostenga o meno delle spese ammissibili su commissione di imprese estere.