Il 6 marzo us è stato pubblicato sul numero 54 della Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo n. 23 del 4 marzo 2015 recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.”. Il provvedimento è entrato in vigore il 7 marzo 2015.
Con tale provvedimento si introduce il “nuovo” regime di tutela applicabile in caso di accertamento da parte del Giudice dell’illegittimità del licenziamento, basato su una tutela di natura prevalentemente economica che sostituisce quella previgente basata, invece, sulla possibilità per il lavoratore di ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro.
Ecco le principali novità rispetto al testo di “Schema di Decreto Legislativo” licenziato dal Governo il 24 dicembre 2014:
– ambito di applicazione: oltre che nei confronti di operai, impiegati o quadri assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto, le disposizioni troveranno applicazione anche in caso di conversione, successiva all’entrata in vigore del Decreto, di contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratti a tempo indeterminato;
– indennità dovute in caso di accertamento di:
1) licenziamento illegittimo (si tratta di un’ipotesi complessa che ricomprende i licenziamenti intimati senza forma scritta e/o determinati da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato ovvero per ragioni razziali, di sesso, di lingua, età o convinzioni personali nonché in violazione delle norme a tutela della maternità e paternità ovvero in caso di matrimonio – dalla richiesta di pubblicazioni sino ad un anno dopo la celebrazione: il Giudice, dichiarando la nullità del licenziamento, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore oltre al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione. A seguito della pronuncia giudiziale, permane il diritto del lavoratore ad optare, in sostituzione della reintegrazione ne posto di lavoro, per il pagamento di una indennità da parte del datore di lavoro pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR non assoggettata a contribuzione (c.d. diritto di opzione).
2) Licenziamenti disciplinari (c.d. per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, legati cioè ad una mancanza del lavoratore). Nel caso in cui il Giudice accerti che non ricorrono gli estremi per il licenziamento dichiara comunque estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio comunque in misura non inferiore a 4 mensilità e non superiore a 24. (c.d. tutele crescenti). Rimane, invece, la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro qualora sia direttamente dimostrata in giudizio da parte del lavoratore l’insussistenza del fatto materiale posto alla base del licenziamento (fermo restando che il Giudice non potrà valutare l’eventuale sproporzione del licenziamento rispetto al fatto contestato). In tali casi il Giudice, secondo quanto previsto dal Decreto, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nonché al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Con la sentenza, il Giudice condanna al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva.
3) Licenziamenti economici (c.d. licenziamento per giustificato motivo oggettivo, determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa). Vi è il superamento di ogni possibilità di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro a seguito dell’accertamento dell’illegittimità del licenziamento da parte del Giudice.
Infatti, nel caso in cui il Giudice accerti che non ricorrono gli estremi per il licenziamento dichiara comunque estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, comunque in misura non inferiore a 4 mensilità e non superiore a 24 (c.d. tutele crescenti).
4) Licenziamenti collettivi (disciplinati dalla L. 223/1991 che trova applicazione nel caso in cui l’impresa intenda effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito della medesima provincia). Anche qui vi è il superamento della tutela della reintegrazione in caso di violazione delle procedure previste dalla legge sopra richiamata o dei criteri di scelta dei lavoratori da inserire nella procedura di licenziamento collettivo. In tali casi, infatti, troverà applicazione il regime previsto per le ipotesi di licenziamento economico o disciplinare con la conseguenza che il Giudice, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, condanna l’impresa al pagamento di una indennità di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio in misura non inferiore a 4 mensilità e non superiore a 24.
5) Rimane invece la tutela della reintegrazione in tutti i casi di licenziamento collettivo intimato senza la forma scritta: in tal caso il regime sanzionatorio sarà “pieno” nel senso che Giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro nonché al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione in misura in ogni caso non inferiore a 5 mensilità nonché al pagamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali.
6) Licenziamenti affetti da vizi formali e procedurali (la fattispecie comprende le ipotesi di licenziamento intimato senza indicazione delle motivazioni o in violazione delle norme che regolano il procedimento disciplinare). In tali casi il Giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR e comunque in misura non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità.
– offerta di conciliazione attivabile dal datore di lavoro: in tale occasione possono essere conciliate anche altre pendenze derivanti dal rapporto di lavoro fermo restando che le somme erogate in relazione a tali ipotesi sono soggette al regime fiscale ordinario. In sintesi, il datore di lavoro può offrire al lavoratore (in una delle sedi c.d. “protette”, ad esempio presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente o in sede sindacale ovvero avanti le Commissioni di Certificazione dei contratti di lavoro) ed entro il termine utile per l’impugnazione del licenziamento (60 giorni) una somma, che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e non è soggetta a contribuzione previdenziale, pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio in misura compresa tra 2 e 18 mensilità mediante consegna di assegno circolare. L’accettazione di tale assegno comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia all’impugnazione del medesimo da parte del lavoratore.
– introduzione di nuova comunicazione obbligatoria: al fine di monitorare l’utilizzo dello strumento della conciliazione c.d. agevolata (ossia di quella attivabile dal datore di lavoro soggetta a regime fiscale agevolato) viene introdotta una nuova (e ulteriore) comunicazione obbligatoria che il datore di lavoro deve effettuare entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto per dichiarare se sia avvenuta o meno tale forma di conciliazione.
– Piccole imprese con organico inferiore a 15 dipendenti: è prevista, a favore dei lavoratori assunti a tempo indeterminato a far data dall’entrata in vigore del Decreto, l’applicazione del sistema a “tutele crescenti” con esclusione della sanzione della reintegrazione per i casi di licenziamenti disciplinari, fermo restando che l’importo dell’indennizzo economico è dimezzato e, in ogni caso, soggetto al limite massimo di 6 mensilità. La disciplina prevista dal Decreto n. 23/2015 si applica anche ai datori di lavoro (imprenditori e non) che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o culto.
– per quanto riguarda i lavoratori impiegati nell’ambito di appalti, il Decreto prevede che l’anzianità di servizio del lavoratore che “passa” alle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si deve computare tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impegnato in attività oggetto dell’appalto.
– per le frazioni di anno di servizio, le indennità sopra richiamate sono riproporzionate e le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni si computano come mese intero.